Sebastião Salgado: Genesi

Genesi è l’ultimo progetto fotografico di Sebastião Salgado. Un lavoro completamente diverso rispetto a quelli pubblicati in precedenza: Salgado, che aveva sempre fotografato esclusivamente persone, si impegna in una serie di reportage principalmente naturalistici. Qual è il motivo di questo cambiamento?

Per capire Genesi bisogna fare un passo indietro: gli anni Novanta sono un periodo molto difficile per Salgado e la tremenda esperienza vissuta in Ruanda lo spezza definitivamente, sia nel fisico sia nello spirito. Il fotografo, dopo aver visto tanti orrori, descrive il suo stato come quello di una persona malata. Sebastião sente che non può andare oltre e decide di fermarsi.

Il ritorno in Brasile, nella valle del Rio Doce

In quello stesso periodo le condizioni di salute del padre di Salgado peggiorarono; il fotografo e la moglie si recano perciò in Brasile, dove il padre fa loro una richiesta inaspettata: occuparsi della terra di famiglia.

La terra dove sorge la fattoria della famiglia Salgado, in cui Sebastião è cresciuto, era un luogo con una natura rigogliosa, ricoperto per gran parte dalla foresta pluviale atlantica. Quello che rimane di tanta bellezza è invece un terreno arido, spoglio, devastato dalla deforestazione selvaggia degli anni Novanta e dalla conseguente erosione: questa visione, insieme alla preoccupazione per lo stato di salute dell’intero Pianeta, peggiora ulteriormente la depressione di Sebastião.

Lélia ha un’idea che potrebbe risollevare anche il morale del marito: ripiantare la foresta pluviale atlantica con le specie originarie. Il progetto, che sembrava impossibile, costituisce un forte stimolo: i due iniziano i lavori di pianificazione e raccolta fondi, fondano l’organizzazione Instituto Terra per gestire l’operazione e nel giro di alcuni anni la vegetazione comincia a rifiorire.

Fazenda: situazione nel 2000 (a sx) e nel 2013 (a dx)
Fazenda: situazione nel 2000 (a sx) e nel 2013 (a dx)

Salgado prova una gioia enorme: dopo aver visto tante tragedie, crudeltà, orrori e vite spezzate è ora testimone della vita che rinasce e riacquista anche la voglia di fotografare. Si rende però conto che non può più tornare a fare reportage come quelli che aveva realizzato per tutta la sua carriera passata, non è in grado di sopportare nuovamente il dolore che lo ha dilaniato. Vede piuttosto nella bellezza della natura e nella riconciliazione dell’uomo con essa una speranza per un futuro migliore, un futuro possibile per il genere umano. Il progetto Genesi prende forma.

I progetti precedenti erano viaggi attraverso le sofferenze e le tribolazioni dell’umanità. Questo è un omaggio alla grandezza della Natura.

Sebastião Salgado

Genesi

Genesi non vuole mostrare solamente la bellezza del mondo naturale, ma anche sensibilizzare le persone, essere un monito per mostrare cosa gli uomini rischiano di perdere se si ostinano a perseguire uno stile produttivo e di vita non sostenibili.

Per fare ciò pianifica un progetto a lungo termine: 32 reportage attraverso il globo da svolgere in otto anni (2004-2012). Le mete delle sue spedizioni sono le zone incontaminate, ambienti naturali in uno stato di conservazione molto simile a quello delle origini del pianeta. Anche gli esseri umani, una delle specie che popolano il pianeta, entreranno a far parte di Genesi: Salgado fotograferà comunità che sono rimaste per nulla o poco influenzate dalla cosiddetta società “civilizzata”.

Genesi 2009 © Sebastião Salgado / Amazonas images
Genesi 2009 © Sebastião Salgado / Amazonas images

Per otto anni, per otto mesi all’anno (quattro reportage della durata due mesi ogni anno), Sebastião attraversa zone aride e terre coperte dai ghiacci, passando attraverso deserti, foresta amazzonica, mari ghiacciati. Un percorso impegnativo, faticoso e non privo di rischi. Il risultato di questa impresa epica è condensato in Genesi.

Le due grandi novità di Genesi

Quando Salgado prepara questo progetto, alcuni colleghi cercarono di dissuaderlo: “non sei un fotografo naturalista”, “sei conosciuto per tutt’altro tipo di reportage”, “stai commettendo un errore”. Salgado, con la sua disarmante naturalezza risponde: “prima o poi dovrò imparare a fotografare anche questo”.

I soggetti scelti però non sono l’unica grande novità: Sebastião aveva fotografato per tutta la vita su pellicola 35mm, principalmente con la sua amata Kodak Tri-X 400 (pellicola negativa in bianco e nero), ma per Genesi decide di passare a un formato più grande. Pensando alle stampe di grande formato per le esposizioni vuole utilizzare dei negativi di dimensioni maggiori per avere più dettaglio negli ingrandimenti e così inizia a utilizzare una fotocamera medio formato: la Pentax 645.

Pentax 645
Pentax 645

Pentax 645: nuove pellicole e nuovi problemi

Il cambio di formato comporta però anche un cambio di pellicole, come ho spiegato più ampiamente nel video su YouTube Sebastião Salgado: la rivoluzione digitale. La pellicola medio formato Kodak Tri-X PAN 320 ha una risposta caratteristica diversa rispetto al Tri-X 400, problema che viene risolto dallo staff tecnico e dai laboratori con cui collaborava Salgado modificando i chimici per il procedimento di sviluppo.

I problemi però non sono finiti: dopo l’attentato alle Torri Gemelle del 2001, gli scanner a raggi X installati negli aeroporti sono più potenti e ripetuti passaggi sotto questi scanner rovinano irrimediabilmente la qualità delle pellicole non sviluppate. Un rischio che non può correre!

È stato diffuso un comunicato ufficiale di Kodak e Fujifilm che avverte di evitare di far passare i rullini non sviluppati sotto i nuovi scanner degli aeroporti statunitensi.
È stato diffuso un comunicato ufficiale di Kodak e Fujifilm che avverte di evitare di far passare i rullini non sviluppati sotto i nuovi scanner degli aeroporti statunitensi.

Per superare anche questo problema la soluzione è richiedere il controllo manuale da parte degli addetti, il che comporta spesso la perdita di voli a causa del procedimento più lento. Salgado, prendendo (e perdendo) moltissimi aerei arriva a essere così stressato da questa procedura che pensa di smettere nuovamente di fotografare.

La rivoluzione digitale (2008)

I progressi tecnologici gli prospettano però un’alternativa: fotografare in digitale. Canon gli invia quella che al tempo era l’ammiraglia della casa: la Canon 1Ds Mark III. Dopo approfondite prove, Sebastião e il suo staff ritengono che il passaggio al digitale sia possibile. Resta un solo problema non indifferente: mantenere una continuità estetica con il passato.

Genesi 2010 © Sebastião Salgado / Amazonas images
Genesi 2010 © Sebastião Salgado / Amazonas images

L’estetica di Genesi

Un po’ per la poca fiducia nell’archiviazione digitale, un po’ per poter eseguire stampe tradizionali “analogiche” in camera oscura, ma anche per mantenere una continuità con il passato e con il resto dei reportage scattati con la Pentax 645, Salgado e il suo fidato staff elaborano un procedimento per trasferire gli scatti digitali su pellicole negative di grande formato (10×12 cm). Non solo, visto che Sebastião è legato all’estetica e alla grana del Tri-X 400, viene eseguita una lavorazione che porta a un risultato simile.

Mi sono documentato sul procedimento, leggendo pubblicazioni ufficiali e non, ma purtroppo non sono giunto a una chiarezza completa sui vari passaggi. Per quanto riguarda le scansioni delle pellicole medio formato ho letto che è stato impiegato uno scanner Imacon.

Agli scanner per pellicole high end ho dedicato un video approfondito, reso possibile grazie a Center Chrome (laboratorio di stampa Fine Art), nel quale si parla anche degli Imacon.

In ogni caso, è evidente che sono riusciti a mantenere una continuità tra le foto di Genesi e l’estetica generale degli scatti precedenti: le stampe finali presentano ricchi passaggi tonali e leggibilità nelle ombre ma, allo stesso tempo, hanno scuri densi e luci materiche.

L’uso del bianco e nero

Il bianco e nero resta il linguaggio preferito da Salgado. Pur non essendo l’unico fotografo che ha scelto di fotografare la natura con bianchi, neri e tonalità dei grigi, l’assenza di colore per scatti naturalistici resta comunque una scelta tutt’altro che scontata. Il fotografo spiega questa decisione in modo molto lineare: quando fotografava le persone era interessato ai suoi soggetti e vedeva nel colore un elemento di distrazione. I soggetti ora sono diversi, ma l’approccio resta lo stesso, così come la scelta del linguaggio.

Struttura del libro

Genesi è diviso in cinque sezioni, secondo un criterio geografico:

  1. Pianeta Sud
  2. Santuari
  3. Africa
  4. Le Terre del Nord
  5. Amazzonia e Pantanal

Il libro è imponente, il numero di immagini che contiene enorme. Alcune pagine si aprono a finestra, tipo poster, per mostrare sequenze di scatti di dimensione minore che, probabilmente, l’autore voleva mantenere contigui senza interrompere la macrostruttura narrativa.

Genesi-pagine-apertura-a-finestra
Genesi-pagine-apertura-a-finestra

Nelle pagine, a parte i numeri, non sono presenti altri testi: le descrizioni delle singole fotografie sono in un inserto separato. Questa scelta lascia più spazio alla parte iconografica, evitando distrazioni.

Unico aspetto che ho apprezzato meno, complice anche il formato più alto che largo, è la suddivisione delle immagini orizzontali su due pagine che, soprattutto in certi casi, penalizza il piacere della visione.

Cos’è Genesi per Salgado

«Il nome Genesi è perché abbiamo immaginato di riportare le lancette dell’orologio indietro al tempo delle eruzioni vulcaniche e dei terremoti che hanno modellato la terra, alle condizioni in cui è nata la vita. Alle tribù il cui stile di vita è rimasto immutato nei secoli. Volevo scoprire in che modo uomo e natura sono riusciti a resistere per tanto tempo in un “equilibrio ecologico”».

Queste parole mi sembrano estremamente significative per descrivere il progetto. Dopo In Cammino, Salgado aveva perso le speranze per una possibile salvezza del genere umano, con Genesi ha cambiato idea: dopo tanti orrori ha potuto contemplare tanta bellezza.

Voglio concludere con un’ultima citazione: queste parole non riguardano solo Genesi, secondo me sono universalmente valide per descrivere la nostra società: «Genesi mi ha fatto prendere coscienza che a forza di allontanarci dalla natura per via dell’urbanizzazione, siamo diventati animali molto complicati e che diventando estranei al pianeta, diventiamo estranei a noi stessi».

Conclusioni

Con questo ultimo progetto Salgado si mostra ancora una volta un grande fotografo e un grande essere umano, sempre coerente con sé stesso, sia nelle scelte personali sia in quelle artistiche. La continuità che ha mantenuto nel suo stile è un riflesso della solidità della persona: credo che siano pochi coloro che dopo tanti anni di carriera ci sono riusciti. Così come ha sempre raccontato le persone con dignità, ha raccontato nello stesso modo la bellezza della vita nelle sue diverse forme, con l’intento di mostrare che tutti abbiamo le stesse origini. Il messaggio sotteso a Genesi è un messaggio darwiniano: la diversificazione della specie è quel prodigio di cui tutti noi facciamo parte.

Letture e video consigliati

Vi lascio il link a un libro interessante sulla vita di Salgado: Dalla mia terra alla terra e a un film (disponibile in DVD e Blu Ray) con la regia di Wim Wenders e di Juliano Ribeiro Salgado, figlio del fotografo: Il sale della terra.

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